La vita

Bachisio Fancello

Bachisio nacque a Dorgali il 10 marzo del 1897. Da giovanissimo apprese dal padre l’arte dell’intaglio del legno e del liutaio, il quale gli trasmise anche il soprannome di  famiglia, “Pintulinu”, dal sardo pintare, intagliare.  Aveva un fratello più piccolo Lussorio che seguì il fratello nei suoi spostamenti.

Durante il servizio militare a Tempio Pausania, Bachisio conobbe Gerolama Spano, di Bortigiadas. Finito il servizio di leva si sposarono.

Fissarono la loro dimora a Dorgali, dove nacque la loro prima figlia Maria che morì prematuramente e poi il primo figlio maschio Giovanni.

Successivamente Bachisio e Gerolama si stabilirono a Tempio, dove nacquero quasi tutti gli altri figli: Pasqualina, Mario, Luigino, Salvatore, Giuseppe, Celeste.  Italo e Vittorio, gli ultimi due invece li ebbero ad Olbia, dove Bachisio decise di trasferirsi in cerca di migliore fortuna.

A Tempio Bachisio, uomo versatile dalle mille risorse, aprì una falegnameria dove faceva lavori di pregio alla quale affiancò uno studio fotografico e di pittura per ritratti su commissione.

Apprezzato fotografo, fu anche il reporter ufficiale durante la visita dei reali di Savoia nel giugno del 1939.

Ogni cosa nelle mani di Bachisio subiva una trasformazione ed ad ogni situazione si spalancavano ai suoi occhi nuove opportunità. Fu così che si innamorò del cinema e prese a proiettare pellicole a in una sala a Tempio, il Cinema Italia e successivamente ne noleggiò altre due, una ad Aggius ed una a Calangianus.

I films erano vari e andavano da “Cabiria” ai primi western di Jon Ford che per il divertimento dei suoi amici lui ribattezzava “punzos e cazzottos”.

Tuttavia qualcosa disturbava Bachisio, qualcosa che non riusciva a sopportare: la mancanza di voce. I dialoghi erano muti e lui non si rassegnava a questa situazione che considerava irreale e inaccettabile.

Smontò la tromba di un megafono, studiò i solchi dei dischi, armeggiò chiuso nel suo studio con il proiettore che usava in sala e nel 1923 costruì un ibrido a metà strada fra un grosso proiettore, che rimandava l’immagine da dietro lo schermo e un megafono gigantesco, con rocchetti in cui strisciava la pellicola di celluloide ed una puntina metallica ne leggeva un solco sonoro tracciato al lato: Bachisio aveva inventato la colonna sonora.

Fece delle prove di pellicole incise in presa diretta, che sperimentava proiettando nella sala di Tempio..

A dicembre del 1923 si decise a disegnare in pulito il progetto, corredandolo di numeri e di una dettagliata descrizione, compilò la domanda di brevetto guidato dall’amico avvocato Diego Pinna e finalmente  il 26 gennaio del 1924 alle ore alle ore 17,4 a Roma, ritirò il brevetto dall’ufficio del Ministero dell’Industria registrato col n. 88, volume 575, 5.

Felice di questo primo importante passo, Bachisio si apprestava quindi sempre sotto la guida del suo amico avvocato, a sfruttare l’invenzione. Scrisse al famoso cantante Gavino Gabriel e anche ai fratelli Lumière. Dal tenore tempiese ricevette una risposta che lo invitava ad una dimostrazione pratica di fronte ai suoi amici editori, dai fratelli Lumière un invito per un incontro a Parigi.

Meglio avrebbe fatto Bachisio a recarsi a Milano dall’amico tenore, e farlo subito, invece scelse di prepararsi per il lungo viaggio oltralpe, ma quando si apprestavano i preparativi, il brevetto scomparve misteriosamente.

Nei ricordi dei figli più grandi di quei giorni rimase lo spavento poichè Bachisio mise a soqquadro casa e studio, le urla con la povera Gerolama,  giornate nere passate a frugare disperatamente in tutti gli angoli e lunghi periodi di profondo scoramento. Infine la consapevolezza di essere stato raggirato proprio da chi circolava dentro la sua casa. I sospetti, mai appurati in maniera decisiva, ricaddero su un parente stretto. Un millantatore di natura, bello e affascinante, per il quale vantarsi dell’invenzione del sonoro non era che una delle tante bravate ai danni di Bachisio.

La madre di Bachisio, Teodosia Cambedda di Dorgali, gli affidò questo ragazzo più piccolo quando morì il padre facendosi promettere che avrebbe vegliato su di lui. È così che Bachisio più volte rimase vittima delle sue malefatte, senza riuscire mai a cacciarlo via, per via del giuramento fatto a sua madre.

Oltre il sospettato, ma mai accertato completamente, furto del brevetto, fra le tante peripezie del misterioso personaggio, si annoverano anche strani matrimoni contratti falsificando documenti. Per uno in particolare, l’uomo esibì la carta d’identità del figlio più grande di Bachisio, Giovanni Antonio, noto Nino, pregiudicando il futuro del giovane, il quale rimase talmente addolorato da morirne di dispiacere.